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Treno della memoria 2020

70 Studenti del Liceo Classico,Scientifico e dell’Istituto Tecnico sono protagonisti del "Treno della memoria".

In tre gruppi, visiteranno i luoghi della storia, e per nove giorni, con altri gruppi di studenti pugliesi e calabresi. Saranno coinvolti nel ricordo della Seconda Guerra Mondiale, con la consapevolezza che solo una reale comprensione dei fenomeni storici del passato può permettere la costruzione di un futuro orientato al rispetto e  alla tutela di qualsiasi diritto umano.

In pullman, i ragazzi si divideranno  raggiungeranno una delle tre tappe intermedie (Berlino,Praga o Budapest) per poi riunirsi a  Cracovia, visitando il ghetto ebraico, la fabbrica di Schindler, il quartiere ebraico e i campi di Auschwitz e Auschwitz-Birkenau.

La scelta di un mezzo di trasporto lento, come il pullman, e le tante ore di viaggio creano la distanza e il tempo per necessari per distaccarsi dal mondo da cui si è partiti.

“Il Treno della Memoria” è un progetto educativo e culturale e non è una semplice gita scolastica, bensì un circuito di cittadinanza attiva in cui i giovani partecipanti diventeranno organizzatori in una catena di trasmissione dell'impegno.

Storia, Memoria e Impegno lasceranno un segno profondo nelle coscienze dei ragazzi,  e al loro rientro rielaboreranno l'esperienza vissuta con la comunità scolastica, affinchè la loro memoria dia senso al loro futuro.

I NOSTRI RAGAZZI 

PARTENZA 21/072020 ACCOMPAGNATI DA LELLA ANGELA 

1.CANTORE DIEGO 

2.CAPOZZI IVANA 

3.COVELLA VALERIA

4.DE GAETANO DELIA 

5.DONGIOVANNI ROBERTA

6.FORTUNATO CAMILLA 

7.LASSANDRO ANTONELLA 

8.PARTIPILO ALESSIA 

9.PINTO VINCENZO

10.MALAJ PATRICIA

11.MARINOTTI MARINO GIORGIO

12.CUSCITO EMANUELA 

13.DONVITO VIVIANA

14.FORTUNATO LORENZA

15.BORRELLI MIRIANA

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PARTENZA 26/01/2020 ACCOMPAGNATI DA  GIAMPETRUZZI LEONARDO

1.POSA DAVIDE PIO

2.CUSCITO VANIA 

3.MASINI UGO

4.LATTARULO GAIA

5.PETRELLI ANTONIA 

6.CIRSONE PIETRO MARIA

7.RIZZI FEDERICA 

8.CALABRESE MIRKO

9.GUAGNANO CHIARA

10.NARDELLI CARMINE

11.CATELLA MARIO

PARTENZA 26/01/2020 ACCOMPAGNATI

DA BARILE GIOVANNA

1.CARETTA MARCO PIO

2.NOTARISTEFANO ANTONIO 

3.GATTI DOMENICO ALESSANDRO

4.CUSCITO NICOLA

5.APA MATTIA FAUSTO

6.DE VINCENZO DOMENICO

7.CUSCITO GIUSEPPE 

8.REDAVID DOMINGO

9.CURIONE SAMUELE

10.COLAFEMMINA MATTEO

11.TANCORRA RENATO

12.ORZALINO SILVESTRO

13.GEMMATI ALESSIO  VITO

14.BARBERIO GIUSEPPE

15.LAVARRA FRANCESCO

16.VITTO NICOLAS

PARTENZA 21/01/2020 ACCOMPAGNATI

DA ATTOLLINO ANGELA TERESA

1.ANGELILLO SERENA

2.BERTINI MORENA

3.CAPOZZI SOFIA

4.CIRIELLI CARMELA ILARIA

5.D'APRILE MARIA ELISA

6.D'AURIA ROSA MARIA VITTORIA

7.DE LEONARDIS PIERANGELO

8.DI GREGORIO ELISA

9.GIANNUZZI ROSITA

10.LIPPOLIS VALENTINA

11.MASSARO CINZIA

12.SCALERA MARIAGIOVANNA

13.SCALERA MATTEO COSTANTINO

14.TRIA LUISA

15.CHIMENTI FRANCESCO PIO

16.PERNIOLA LARA

17.GAROFALO LAURA

PARTENZA 21/01/2020 ACCOMPAGNATI

DA DONVITO ROSANGELA

1.LEONNI MARTINA 

2.DONVITO GIOVANN

3.LANEVE ADRIANA

4.LEO FRANCESCO

5.FAGGIOLINO GAIA

6.DISANTO GIANLUCA

7.ASCATIGNO GIORGIO

8.ASCATIGNO FRANCESCA

9.IMPERIO TOMMASO

10.SURICO CLAUDIA

11.TUCCILLO ELOISA

ULTERIORI INFORMAZIONI 

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quello da cui sono appena rientrata, non è solo un viaggio; è il viaggio. Eppure resta ancora riduttivo. Migliaia di ragazzi partono, nessuno davvero consapevole di ciò cui sta andando incontro, nessuno davvero consapevole di quanto, inciso nella pelle, nella mente e nel cuore, resterà per sempre l’esperienza che vi attende dopo 24 ore di viaggio. Non esiste una descrizione, una parola giusta per esprimere a pieno ciò che davvero vorrei comunicare. Ciò che ho visto li dentro, non è raccontabile. Potrei parlare di orrore, incubo romanzesco. Eppure resta ancora riduttivo. Nel pullman diretto ad Auschwitz avevo paura. Paura di non comprendere, essere superficiale davanti al lutto più grande della storia. E poi i cancelli: Arbeit macht frei. Ero così piccola, insignificante. Mi sentivo impotente. Ho ancora i brividi a pensarci. Ho respirato aria soffocata, spinta da urla e da silenzi, silenzi molto più ricchi di parole di qualsiasi discorso. Un 'aria contesa da voglia di scappare e da rassegnazione. Si respira speranza infranta da un colpo di fucile. Sei avvolto da gelida aria, gelida come la delusione di una libertà che finisce con il filo spinato.  Eppure resta ancora riduttivo. La visita è durata quasi tutta la mattina o forse poche ore. Ma cosa importa, cos’è il tempo davvero? Cos’è se non la vita violata nel fior della giovinezza di ragazzi come noi, come te che leggi, di infanzie di bambini diventati adulti troppo presto. Cos’è davvero il tempo davanti ad una madre o ad un padre di famiglia che non sanno cosa dire ai propri figli, come giustificarsi, come scusarsi. Non esiste il tempo ad Auschwitz. Ho intrapreso un viaggio mano nella mano con l’empatia. E una volta circondata dallo sguardo mistico delle foto delle vittime, appese nei corridoi, ho intrapreso un viaggio con i loro sguardi. Ho lasciato che mi portassero con loro, una trasmigrazione nelle vite di tutti loro. E man mano che, guardandomi, mi raccontavano della loro rabbia, io mi arrabbiavo con loro stringendo i pugni per non gridare, per non urlare che l’uomo fa schifo; mi raccontavano della loro paura ed io mi rifugiavo negli occhi di chi invece aveva speranza, o meglio di chi doveva avere speranza, speranza per sopravvivere, per non andare contro i fili spinati e farla finita lì, anche se forse, talvolta, sarebbe stato meno difficile. Mi raccontavano della loro vita, di com’era il mare e le feste di paese, di com’era insegnare alla propria bambina ad andare in bicicletta, di quanto bello fosse vivere, di quanto fossero scettici che quel mare e quei sorrisi fossero esistiti per davvero. E io sorridevo con loro. Mi raccontavano dei loro pianti e più di tutto, ho pianto con loro. Mi raccontavano della loro morte e della fine e lì, è morta una parte di me, un pezzo di cuore che rimarrà tra la nebbia di quel luogo. E’ stato qui che ho capito il perché del ricordare. E’ un lutto che ci riguarda direttamente. Io sono loro e loro sono me. Eppure resta ancora riduttivo. Usciti da questo assaggio di deportazione, lo sguardo assente dei miei compagni, la testa bassa o fissa nel vuoto, nessuno parlava, nessuno davvero era uscito dal campo. Ad oggi, una settimana da quando sono ritornata in Italia, nel mio piccolo paese, tra i miei affetti e la mia routine, posso dire di non essere ancora tornata. E non so quando tornerò. E’ il viaggio più difficile che abbia mai fatto, forse l’unico davvero degno di essere definito viaggio. Non sono solo 2000 Km, 24 h di viaggio. E’ un viaggio fuori dagli schemi monotematici che tanto promuoviamo, è un viaggio fuori dal proprio orgoglio patriottico. E’ un viaggio che rivela molto di noi stessi. Ci mette a nudo. E spaventa guardarsi davvero. Ma è necessario per capire che ruolo vogliamo avere davanti a tutto questo.E’ il viaggio più bello che abbia mai fatto. Durato 10 giorni, ho imparato più qui che in 17 anni di scuola e studi. Ho imparato la spontaneità, ho imparato a lasciarmi andare, a ridere nel silenzio e piangere tra la folla. Senza filtri. Ho la fortuna di poterla vivere questa vita, l’unica che ho. Ho imparato a dare valore alle cose. Ho imparato a credere negli sguardi, a credere in ciò che dicono gli occhi di tutti i colori. Ho imparato a credere negli abbracci delle persone, di chiunque, dal primo all’ultimo conosciuto in questo bellissimo viaggio. Ho imparato a conoscere. Conoscere me stessa ma anche chi ho avuto accanto, chi mi ha tenuto per mano e chi ho avuto il piacere di prendere per mano io nei momenti più impensabili, dall’uscita dai campi, al lungo viaggio in pullman, alle serate a ballare e ridere. Legami che non si spezzeranno mai, uniti e compatti come lo slogan della mia compagnia di viaggio.Il bello di questo viaggio è l’equilibrio. E’ completo in egual misura di tutto lo scibile.  Ho capito che studiare è l’unica cosa che abbiamo per combattere le percosse dell’ignoranza. Ho imparato che nella vita ho solo da imparare. E per il momento, imparo dal passato per migliorare il presente

. Imparare ricordando."

realizzato da Adriana Laneve

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Il viaggio per visitare i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau è stato l'incontro con la storia, con il nostro passato: è stato un viaggio che non dimenticherò mai, durante il quale mi è stata data la possibilità di vedere con i miei occhi le crudeltà che milioni di persone hanno subito in quei luoghi spettrali in cui ancora oggi si riescono a sentire i sospiri e le grida di tutte le persone che hanno perso la loro vita ingiustamente, senza un valido motivo.
L'idea che penso mi abbia aiutato a intraprendere questo viaggio è stata quella di partire, non per andare a vedere dei semplici musei, ma di andare a vedere luoghi dove persone come me hanno subito le peggiori torture; e solo vedendo quei luoghi, gli oggetti che appartenevano ai deportati, si capisce quanto nelle vite di tutti i giorni ci preoccupiamo di cose futili, di assoluta irrilevanza, come il non poter uscire la sera o la voglia di un nuovo cellulare, rispetto ai problemi che le persone avevano in quegli anni, come l'esclusione dai sistemi lavorativi e scolastici.
Abbiamo visitato luoghi inquietanti dove, riflettendoci, si comprendono a pieno i limiti della ragione, si comprende cosa l'uomo possa arrivare a fare, anche se spinto da un'idea semplice come quella delle razze inferiori e superiori che, con il semplice diffondersi, è riuscita a portare sofferenza e morte nelle vite di milioni di persone.
Raccontare di quei luoghi per me è molto difficile, infatti, penso che il semplice parlare di questo pezzo di storia sia inutile: è un viaggio che va intrapreso almeno una volta nella vita, durante il quale non ho avuto nemmeno la forza di parlare ma la possibilità di guardare impotente azioni alle quali, se tornassimo indietro nel tempo, non esiterei un solo istante ad oppormi.
Adesso la parola passa a noi: è il nostro turno di diffondere il ricordo di quelle persone, di quei luoghi, affinchè non venga mai dimenticato, andando a smentire tutte quelle persone che ancora oggi negano l'accaduto e ciò non è giusto nei confronti di tutte quelle persone, la cui vita si è spenta in quei campi.
Facciamo sì che la loro morte non sia avvenuta invano.

realizzato da Francesco Leo

Il Treno della Memoria, “il viaggio che ti cambia”, cosi lo definivano. Ed effettivamente è cosi, all’inizio non sai cosa aspettarti, non si tratta del semplice viaggio d’istruzione organizzato dalla scuola, anche se molti gli attribuiscono questo significato, è un progetto che va avanti da anni, un’esperienza che ti forma, che ti fa crescere. Un viaggio che ti fa allontanare da casa, dalla tua comfort-zone per 10 giorni, che ti porta in luoghi inimmaginabili, luoghi che non rendono tramite una semplice foto o la descrizione di un libro. Un viaggio che ti permette di maturare, di sviluppare un nuovo modo di pensare, che aiuta a scoprire se stessi, ma non solo.

In uno dei primi incontri di preparazione a questo viaggio ci è stato chiesto di scrivere le nostre paure e le nostre aspettative. La paura di non riuscire a percepire ogni singolo particolare, di non vivere a pieno ogni singolo momento, di non comprendere la realtà dei fatti, queste erano le mie paure, ma erano bilanciate dalla voglia di conoscere, di esplorare un nuovo mondo, di scoprire e apprendere fatti accaduti tempo fa senza il bisogno di studiarli da un libro. E questo viaggio effettivamente ha soddisfatto ogni mia aspettativa, cancellando ogni singola incertezza. Solo una volta finito questo viaggio, però, riesci a metabolizzato tutto ciò che hai visto, non riesci subito a comprendere di essere stato nel posto in cui ha avuto inizio la fine della felicità di molte persone. Ed è quando ti ritrovi davanti a quel cancello, a quelle foto, a quelle valige abbandonate, che inizi a sentire il peso di quelle azioni compiute in passato, inizi a sentire la rabbia,  e ti chiedi come sia possibile che tutto questo sia avvenuto, ti chiedi come sia possibile che l’uomo sia stato capace di prendere certe decisioni. In questo momento ti imponi di non dimenticare, una volta tornati a casa non si può tornare alla vita quotidiana, non si può mettere da parte ciò che si è visto e procedere come se nulla fosse mai accaduto. In ogni istante ci ripensi, ripensi a ciò che hai provato, ti porti dietro il ricordo di chi ormai non viene più ricordato, la consapevolezza che le atrocità commesse nel passato non sono poi cosi tanto passate, e inizi a sentirti parte di esse. Torni a casa sapendo di avere un dovere, quello di restituire a quella gente la possibilità di non essere morti invano.

Ma per quante emozioni si possano provare, a meno che questa esperienza non venga fatta in prima persona non si potrà mai essere cosi coinvolti. Per questo io credo che tutti dovrebbero fare questo viaggio almeno una volta nella vita. La storia si ripete, ma si può evitare di commettere gli stessi errori, se solo tutti conoscessero la verità.

realizzato da Gaia Faggiolino.

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Ormai è trascorso un pò di tempo dalla "fine" di questo viaggio, eppure a me sembra di non essere ancora sceso da quel treno, in un certo senso sembra come se io sia ancora lì con la mia mente. Il mio nome è Giovanni Donvito, sono un ragazzo di 17 anni e quest'anno ho intrapreso quest'esperienza, senza inizialmente sapere che cosa sarebbe successivamente cambiato in seguito al mio ritorno. Ho deciso di compiere questo viaggio soprattutto per combattere e sopprimere svariati timori e paure che si celavano dentro di me, inoltre ci tenevo particolarmente a vedere con i miei occhi gli orrori compiuti da uomini nei confronti di altri uomini, per interfacciarmi con realtà che altrimenti non avrei potuto vedere e per onorare la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita in quei luoghi.Prima di partire se devo essere sincero posso dire tranquillamente che fino all'ultimo momento sono stato tentennante sulla partenza, ma una volta salito sul quel pullman, nonostante ci abbia passato più di 24 ore, anche grazie a tutte le persone presenti nel mio gruppo non me ne sono mai pentito. Non scorderò mai le mille aspettative prima della partenza, le quali andavano dalle più inutili e irrilevanti riguardanti l’ostello in cui dovevamo alloggiare a quelle  rappresentate solo dalla voglia di cambiare, di cominciare ad apprezzare  e godermi a pieno  tutti quei momenti che fino ad all'ora mi sembravano inutili o superflui, o semplicemente non mi sembravano importanti. Mi sembra superfluo dire che si tratta di un esperienza estremamente stancante; il viaggio si può dire che formalmente è iniziato a Berlino, prima tappa del nostro gruppo, ma per me il vero viaggio , ossia quello dentro di me è iniziato ad Auschwitz e Birkenau, due luoghi che mi hanno segnato in una maniera indelebile; due luoghi in cui il tempo sembra essersi fermato, esattamente a 75 anni fa, in maniera più significativa per quanto mi riguarda Auschwitz; quest’ultimo è un luogo carico di emozioni, le quali  mi sono state trasmesse già a partire dai cancelli;  è un luogo che trasuda storie di uomini arrivati lì carichi di speranza, ma ignari della sorte che purtroppo il destino gli stava per riservare,  a causa di stupidi ideali infondati. Se c’è una cosa che ho capito visitando quei luoghi e che al giorno d’oggi purtroppo siamo troppi legati alle cose materiali, e diamo poco conto oppure, purtroppo, tralasciamo i momenti preziosi che la vita ci mette davanti, e cha alle volte non ci godiamo a pieno. Affinché mi giungesse il messaggio a pieno ho cercato il più possibile  di immedesimarmi in uno di quei tanti ragazzi che finivano in quei luoghi, cercando magari guardando una semplice valigia, di vederla come una storia di un uomo e magari della sua famiglia, distrutta chi sa da quali orrori; ed è grazie a questo pensiero che ho capito dell’immensa fortuna che noi al giorno d’oggi abbiamo, nel poter anche semplicemente salutare un nostro amico, poter vivere e non sopravvivere, ed è brutto vedere che in alcuni luoghi ancora oggi, nonostante gli orrori accaduti in quegli anni e le numerose vittime, le numerose famiglie, accadano ancora episodi di questo genere, oppure c’è chi addirittura nega gli avvenimenti di quegli anni, ed è anche per questo che ci spetta ricordare, ed è per questo che noi dobbiamo ricordare. Ci tengo a dire che è un viaggio che espresso con delle semplici righe scritte è impossibile da raccontare a pieno, bisogna vivere e vedere quei luoghi. Una volta tornato da questo viaggio come detto in precedenza capisci veramente l'importanza di cose che prima si ritenevano superflue, per esempio un <Ti voglio bene>  ad un padre o ad una madre; quante volte non diciamo questa frase perché la diamo per scontata, eppure basti pensare come lì in quei campi c'era gente che avrebbe pagato tutto l'oro del mondo per poter dire addio ad un proprio genitore; è un viaggio che insegna molto, e se molte più persone facessero questo viaggio sicuramente sarebbe molto meglio. Molti purtroppo penso che ora mai sono passati 75 anni da quei fatti, e che quindi sia legittimo scordare e dimenticare, ed è questa un idea che bisognerebbe sdoganare tramite questo viaggio, perché non è giusto dimenticare tutte quelle persone che hanno lottato, che hanno sofferto, per tutte quelle che non c’è l’hanno fatta e per cosa, per una stupida ideologia razziale. Concludo dicendo che questo è uno di quei viaggi che va affrontato con un unico bagaglio il cuore, accompagnato magari da un pizzico di empatia.

realizzato da Giovanni Donvito.

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