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Treno della memoria 2022

Sono una donna, alzo gli occhi e mi ritrovo dinanzi a RavensBruck. Dinanzi a me ci sono tante abitazioni, sono confusa, inizio a sperare che queste siano solamente alloggi che permettano a uomini, donne e bambini di avere un luogo sicuro dove poter vivere. Entro dal cancello principale e tutto ciò che immaginavo non è realtà. Vengo sfrattata da una parte all’altra, vengo privata di tutti i beni primari, di tutti i miei diritti. Non mi sento più donna mi sento una nullità. Vengo spogliata, rasata, bastonata e umiliata. L'impatto mi ha scossa, ma devo subito apprendere i comandi delle guardie. Partecipare agli appelli con il freddo e la fame è molto difficile. Per mangiare al mattino solo pane e acqua, poche calorie per lavori che richiedono una quantità abnorme di forze fisiche. Ogni giorno vedo soffrire e morire migliaia di persone e l’unica forza per mantenermi viva è il restare

acculturati per se stessi perché per gli altri sono solo un oggetto. È così che voglio raccontare la mia esperienza. Consapevoli del fatto che la Memoria non si possa insegnare, abbiamo fin subito provato l’esigenza di dover partire per vivere e poter poi raccontare. Nonostante il non essere stati testimoni diretti di quegli eventi, è importante non rimanere in silenzio, ma raccontare perché siamo noi giovani a dover tener vive le redini di ciò che anni fa è accaduto. Proviamo a farlo affrontando il tema dei bambini all’interno dei lager e attraverso la conoscenza di alcune figure che hanno dato prova di straordinaria umanità in un contesto in cui l’uomo era totalmente azzerato. Il Treno della Memoria, non offre ai giovani solo la possibilità di visitare i diversi campi dì concentramento, ma affronta diverse questioni: di natura antropologica, sull’organizzazione delle società umane che si esprimono in forma di opposizioni, alcune essenziali per la riflessione attorno alla Shoah: l’ineluttabilità della morte e la possibilità di uccidere l’altro; ogni forma di amicizia e di inimicizia; ogni forma di inclusione e di esclusione, collegando questa esperienza alle discriminazioni di allora e di adesso, nei confronti degli ebrei, ma anche degli altri, attuali “diversi”.

Anna Di Coste e Greta Corinto Liberto 5^C Liceo Scientifico “R.Canudo”

Sono partita per questo viaggio inconsapevole di ciò che mi aspettava, con la semplice spinta di altre persone, che già avevano vissuto tale esperienza. Mai mi sarei immaginata di tornare con un bagaglio così ricco di sensazioni di ogni genere. 

Attraverso un percorso a tappe, visitando i memoriali più importanti di Berlino, siamo giunti alla metà più grande: i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. È difficile dare un resoconto oggettivo, ognuno di noi la vive in maniera differente, a volte c’è bisogno di tempo per pensare e realizzare. È difficile credere come un posto così bello, ricco di natura, possa celare una realtà così cruda. Birkenau, in particolare, rigoglioso di alberi, si presenta come un cimitero vivente e a stento si riesce a procedere oltre, passo per passo, coperti dai nostri vestiti e dalle scarpe, pensando ai deportati che non avevano questa possibilità. 

È una esperienza che porta a riflettere sulla psicologia dell’uomo e come la mente umana sia l’arma più potente di tutte per distruggere la nostra stessa specie. D’altra parte, toccando dal vivo questo evento, non si può non essere grati della vita che conduciamo ora. Dobbiamo dare più importanza e renderci conto realmente delle possibilità che abbiamo e di quanto valore abbia la libertà di espressione e tutte quelle azioni quotidiane di cui quegli uomini furono ingiustamente privati. 

Durante questo percorso, si è accompagnati da due educatori, persone meravigliose, che contribuiscono a questa formazione personale e che va diffusa per capire appieno cosa sia successo e rendere il mondo un posto migliore

 

Maria Elena Romano, 5 C

Tutto ciò che ha segnato il mondo e le nostre vite si é sempre compiuto in silenzio. Un assordante silenzio riempito dei rumori dei passi pesanti sui sassolini color rosso mattone del campo di Auschwitz-Birkenau. Nei campi lo sguardo era sempre assorto in una visione utopistica della realtà ed i pensieri viaggiavano veloci sul cosa ci fosse stato prima del nostro arrivo in una distesa così grande e silenziosa che era intrinseca di ricordi. La nausea nel vedere un cimitero circondato da un paesaggio bucolico ci riempiva lo stomaco mentre la mente non riusciva a concepire quello che stava vivendo, letteralmente si calpestavano le stesse strade su cui persone si erano accasciate per esalare l'ultimo respiro, si entrava nelle loro stalle considerate come dimore, e si osservava la loro vita. Soprattutto si entrava in quei luoghi in cui il silenzio era più rumoroso rispetto agli altri, quel silenzio pieno di grida e urla d'aiuto che ti faceva sentire i brividi lungo la schiena e la pelle d'oca. Quel silenzio che ti immobilizzava mentalmente in quattro pareti, facendoti pensare a tutte le persone che avevano messo piede per l'ultima volta su quel cemento grigio coperto di macchie. Sicuramente entravi in quei luoghi ma non ne uscivi più o almeno non ne uscivi più come prima.

Alessandra Pioggia VB liceo scientifico

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