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Giornata della Memoria

29 gennaio 2019

DISCORSO INTRODUTTIVO

ALLA GIORNATA

DELLA MEMORIA 2019

 

Sono passati settantaquattro anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Eppure, nonostante il tanto tempo trascorso, l’orrore indicibile che si spalancò davanti agli occhi dei testimoni è tuttora presente davanti a noi, con il suo terribile impatto. Ci interroga e ci sgomenta ancora oggi.

Perché Auschwitz non è soltanto lo sbocco inesorabile di un’ideologia folle e criminale e di un sistema di governo a essa ispirato.

Auschwitz, evento drammaticamente reale, rimane, oltre la storia e il suo tempo, simbolo del male assoluto.

Quel male che alberga nascosto, come un virus micidiale, nei bassifondi della società, nelle pieghe occulte di ideologie, nel buio accecante degli stereotipi e dei pregiudizi. Pronto a risvegliarsi, a colpire, a contagiare, appena se ne ripresentino le condizioni.

Una società senza diversi: ecco, in sintesi estrema, il mito fondante e l’obiettivo perseguito dai nazisti. Diversi, innanzitutto, gli ebrei. Colpevoli e condannati come popolo, come gruppo, come “razza” a parte.

Quando il benessere dei popoli o gli interessi delle maggioranze, si fanno coincidere con la negazione del diverso – dimenticando che ciascuna persona è diversa da ogni altra - la storia spalanca le porte alle più immani tragedie. La senatrice Liliana Segre si è rivolta a noi giovani perché ci facessimo portatori di Memoria.


 

Questa giornata della Memoria deve portarci dalla Memoria dell’Olocausto alle Memorie di tutti i genocidi ai danni dei disabili, dei bambini, degli omosessuali, degli zingari, di tutti coloro che ancor oggi subiscono delle persecuzioni, delle discriminazioni, dei continui attacchi di xenofobia.

Dalla memoria della Shoah come studenti e comunità educante dobbiamo passare alle Memorie dei diritti UNIVERSALI DELL’UOMO.

Questo è un anno dalla doppia ricorrenza, ricorre l’introduzione delle orrende leggi razziste e, fortunatamente, dieci anni dopo, l’entrata in vigore della Carta fondamentale. Il filo rosso che le unisce è l’articolo 3, quel Manifesto dell’eguaglianza e della dignità umana. Poche righe che cancellano in un solo istante venti lunghissimi anni di dittatura. Con la Costituzione repubblicana siamo entrati tutti, uomini e donne di ogni ceto, nell’età dei diritti. È solo attraverso l’attuazione ed il rispetto della nostra Costituzione che possiamo garantire una buona manutenzione della nostra Democrazia. La Senatrice Segre, testimone diretta delle persecuzioni razziali ha ribadito come "L'indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l'apatia morale di chi si volta dall'altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l'indifferenza".


 

"Lottiamo insieme affinché la coscienze non vengano anestetizzate, si tramandi la memoria delle vittime dell'Olocausto e la responsabilità nei confronti del prossimo venga conservata e rinnovata nell'oggi e nel domani", Giorno della memoria non è soltanto una ricorrenza, "in cui si medita sopra una delle più grandi tragedie della storia, ma è un invito, costante e stringente, all'impegno e alla vigilanza.

L’ARTE RENDE LIBERI

“Dove i raggi del sole non giungono, pur giungono i suoni”

(S. Kierkegaard)

 

A conclusione del Progetto “Canudo Remember”, i coordinatori del Dipartimento di Storia e Filosofia e di Arte, rispettivamente Loredana Lippolis e Pierluca Cetera insieme alle referenti del Treno della Memoria, Paola Ardillo e Manuela Soria hanno organizzato un incontro dal titolo “Kunst macht frei” ovvero “L’arte rende liberi”.

All’incontro svoltosi il 14 marzo presso l’auditorium del Liceo “R.Canudo”è intervenuto il prof. Raffaele Pellegrino, studioso IPSAIC (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e l’Italia Contemporanea) che ha guidato gli studenti delle classi quarte del Liceo Scientifico, Liceo Classico e ITT  “Canudo-Marone-Galilei”, alla comprensione del controverso uso riconosciuto alla musica e all’arte in genere durante il periodo nazista. La musica dell'Olocausto fu composta nei ghetti, nei campi di concentramento, negli accampamenti dei partigiani, tra i rifugiati o in clandestinità, come un modo per esprimere i contrastanti sentimenti di dolore e sgomento, rivolta e speranza delle vittime di fronte alle persecuzioni politiche e razziali messe in atto dalla Germania nazista e dai suoi alleati, tra il 1933 e il 1945. Anche nei ghetti e nei campi di internamento la musica aveva continuato tenacemente a esistere. C'era una musica "ufficiale", che i prigionieri erano costretti a eseguire nelle orchestre e nelle bande che le autorità naziste costituirono anche nei campi di concentramento e di sterminio. Ad essa si contrapponeva la musica clandestina dei deportati, i canti di protesta. Dopo la liberazione la musica divenne strumento di memoria e di compianto di fronte alla tragedia vissuta. Grazie anche ai talentuosi studenti Giovanni Caprioli, Francesco De Palma, Piero Lomonte, Aurora Pugliese insieme al docente di Filosofia Rino Ferrara, durante l’incontro è stato possibile apprezzare l’esecuzione di brani musicali eseguiti dal vivo, a sottolineare l’impagabile capacità dell’arte di andare al di là di ogni avvilimento della dignità umana. L’arte libera e restituisce all’uomo quella libertà spirituale che nessuna violenza o persecuzione possono soffocare per sempre.

L’incontro ha fornito l’occasione per condividere anche le esperienze vissute partecipando al Treno della Memoria nel mese di gennaio. Gli studenti e i docenti accompagnatori hanno sottolineato la significativa ricaduta formativa che un simile viaggio prevede, considerate le numerose ore di viaggio in pulman e le disagevoli condizioni in cui alloggiare.  “Si tratta di un’esperienza diretta che ti mette nelle condizioni di sperimentare la sensazione di freddo vissuta dai deportati ad Auschwitz. Noi indossavamo attrezzature adeguata a fronteggiare temperatura bassissime eppure ci sembrava di essere attraversati dal freddo. E ripensare ai bambini vestiti di una divisa assimilabile ad un leggero pigiama, era davvero terrificante.

Il Treno della Memoria ti cambia dentro, ti induce ad immedesimarti, mai potresti pensare che tanto orrore sia potuto accadere”, con queste parole la docente di Religione Liana Lella ha commentato la sua esperienza.

Nel corso dell’incontro l’artista Michele Giangrande ha fatto visionare il film intitolato “Bunker”, girato presso l’istallazione omonima ideata a Monopoli.

Si tratta di un’istallazione di Arte Contemporanea che riproduce le sensazioni perfino uditive e visive degli internati. Il tentativo di consentire un processo di totale immedesimazione rispetto alla privazione della libertà di movimento e alla progressiva negazione della vita di un essere umano.

L’arte tuttavia rende liberi, riabilita la persona alla speranza di sopravvivere all’orrore grazie alla memoria delle generazioni future; questo il senso del monito “Remember” vissuto dalla comunità scolastica del  “Canudo”.

Diario di viaggio del treno della memoria 

introduzione a cura del Prof. Raffaele Pellegrino

studioso per l'Istituto Pugliese Per La Storia Dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea

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CANUDO REMEMBER:

"Quando il benessere dei popoli o gli interessi delle maggioranze, si fanno coincidere con la negazione del diverso – dimenticando che ciascuna persona è diversa da ogni altra - la storia spalanca le porte alle più immani tragedie". (L.Segre)

 

Dalla memoria della Shoah alle Memorie dei DIRITTI UNIVERSALI DELL’UOMO, oggi tristemente umiliati.

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Frammenti dell'intervento presso cinema Seven
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